Sponz AcQuà!, si è conclusa l’VIII edizione del festival di Vinicio Capossela, dalle sorgenti dell’Ofanto alla foce del Sele | EFFE RADIO

Sponz AcQuà!, si è conclusa l’VIII edizione del festival di Vinicio Capossela, dalle sorgenti dell’Ofanto alla foce del Sele

Scritto da il 02/09/2020

Si è conclusa con l’ “Ammarraggio” della Rolling Sponzing Review alla foce del fiume Sele, al tramonto di domenica 30 agosto, questa edizione limitata dello Sponz Fest, il festival ideato e diretto da Vinicio Capossela.

Ora che anche l’acqua di questo Sponz fluviale è passata da tutte le secche e gli scogli del distanziamento, della limitazione, della diffidenza, ma anche delle anse larghe della partecipazione, dell’entusiasmo, dalle rapide dell’euforia da impresa, dalle turbolenze dell’immaginazioni, dai fiumi inferi della paura, del timore. Ora che l’acqua è risalita nel cuore di tenebra dell’origine, delle ombrosità selvose delle terre di mezzo. Ora che l’acqua della foce si è fatto distesa di campo verde per effetto delle alghe e dei nitrati, ci tornano in mente le anse vorticosamente e placidamente percorse, dichiara il direttore artistico.

Giunto alla sua ottava edizione, titolata Sponz AcQuà! e dedicata all’acqua, il Fest si è svolto dal 25 al 30 agosto a Calitri, nei comuni limitrofi dell’Alta Irpinia, della Valle del Sele e verso il mare, dalle sorgenti dell’Ofanto fino alla foce del Sele.

Lo Sponz Fest 2020 è stato programmato e finanziato dalla Regione Campania, promosso da Scabec – Società Campana Beni Culturali ed è prodotto dall’associazione Sponziamoci, La Cupa e International Music and Arts (IMARTS).

Da otto anni facciamo un Fest che cerca di fare del vuoto una risorsa, afferma Vinicio Capossela. È stato un piccolo miracolo. Nel 2020 ci voleva un miracolo maggiore. L’atto di fede è venuto oltre che da noi, ostinati sponzanti, dalla Regione Campania e da Scabec, che hanno creduto che questa esperienza andasse tenuta viva anche in questo tempo pandemico. Non è stato per nulla semplice, ma era importante dare un segnale, convivere con la limitazione, aggiungere al coinvolgimento anche il senso civico. Cercare di fare di un limite una possibilità. E la possibilità è stata quella della concentrazione. Sostituire all’energia la concentrazione. Imparare a sponzare da fermi, come in un esercizio zen. Per quanto limitati nell’accesso, gli “eventi” sono stati vissuti con concentrazione. A volte addirittura con una certa spiritualità. Perché quando il corpo è limitato si lavora sullo stato di estasi, sull’uscire da sè.

E così sono scorse le musiche, ma soprattutto gli incontri, le occasioni di conoscenza. Piccoli rivoli che partivano da una fontana, da una neviera, da un vallone, e arrivavano al mare magno della rete, in una diffusa sensazione di carboneria.

La concentrazione è certamente poco dionisiaca, ma non è avara di gratificazioni. Un bambino concentrato è un bambino felice, scriveva la Montessori, la cui lezione è bello ricordare in questi giorni di anniversario. In un certo senso abbiamo dovuto essere bambini e lavorare per scoprirci felici.

È una lezione che personalmente mi sento di salvare.

La grande partecipazione di giovani – dichiara Antonio Bottiglieri, presidente di Scabec – e il riscontro che il festival, ideato e diretto da Vinicio Capossela, ha ottenuto sui giornali, le TV e il web, dimostrano che la scelta del presidente della Regione Campania di puntare su una rassegna che valorizza il rapporto tra paesaggio, tradizioni e cultura è stata giusta e largamente premiata.

Quella di quest’anno è stata un’edizione limitata (ogni evento e incontro ha ospitato un massimo di 200 persone) organizzata nel pieno rispetto delle norme di prevenzione al contagio e in apposite aree progettate per la capienza utile a garantire il corretto distanziamento sociale, che però è riuscita a espandersi oltre i confini geografici che racchiudono il festival grazie alle possibilità della rete: molti eventi sono stati trasmessi in streaming sulla piattaforma messa a disposizione da Scabec e hanno ottenenuto un totale di circa 170mila visualizzazioni, raggiungendo picchi di 1000 utenti in contemporanea. Grazie al contributo di Scabec sarà anche prodotto un docu-film sull’esperienza Sponz acQuà 2020.

Inaugurato all’alba del 25 agosto a Torella dei Lombardi e chiusosi alla foce del Fiume Sele a Capaccio Paestum al tramonto del 30 agosto, lo Sponz AcQuà ha ospitato come sempre tanti artisti, musicisti e intellettuali: Massimo Zamboni, Vasco Brondi, Goffredo Fofi, Pietro Bartolo, Ugo Mattei, Piero Negri, Jimmy Villotti, Guano Padano e tanti altri, che hanno indagato e raccontato il tema dell’acqua come elemento di rinascita, rigenerazione, purificazione.

Tra le metafore più attinenti alla nostra esperienza c’è quella della sete di conoscenza, prosegue Capossela. Abbeverarsi alle fonti della conoscenza. È stato un cammino poco festivaliero e poco spettacolare. La lezione di questi tempi di limitazione della vita è quella della frugalità, della concentrazione. Dell’imparare a farsi bastare le cose. Questo ci fa conoscere e vedere diversamente quello che abbiamo già.

Non è un caso che le aree interne d’Italia abbiano avuto un significativo incremento di visitatori. Del resto, la vocazione al riparo è connaturata con le terre interne. La resistenza la si è sempre andata a fare nell’interno, nella selva, nella montagna. Anche per questo è importante preservare le terre interne. Sono la nostra possibilità di ritirata. Se le avveleniamo o le lasciamo cadere nell’abbandono perdiamo i nostri polmoni e le nostre riserve vitali.

Lo Sponz Fest è un festival reso possibile anche dall’enorme forza collettiva che lo alimenta: l’associazione Sponziamoci, i sindaci e gli amministratori dei paesi che lo hanno accolto e i loro abitanti, i volontari da ogni angolo d’Italia, lavoratori, operai e artigiani che ne costruiscono l’ossatura, artisti, professori, collaboratori, le forze dell’ordine, i vigili urbani e chiunque si sia speso per la buona riuscita della manifestazione.

Ma è soprattutto al pubblico che va il grazie più grande, ricorda il direttore artistico. Intanto già la parola pubblico ha qualcosa che ci dice di un bene comune, di una dimensione diversa da quella privata. (E visto che siamo privati di parecchie cose meglio cercarle in una dimensione pubblica)

Grazie. A chi ci ha raggiunto in questo cammino itinerante e si è sottoposto a tutti i nuovi riti della prenotazione, della registrazione, della temperatura, del mascheramento, del distanziamento, e però non ha perso il sorriso e la voglia di conoscere, di rischiare qualcosa ma esserci. Grazie per non avere avuto paura.

In cambio ne abbiamo avuto una nuova forma di intimità che la distanza ci sta insegnando. Non che sia una soluzione. Ci auguriamo tutti di recuperare presto anche la dimensione corporea. Il prezzo di questo tempo è alto, per questo non bisogna sprecarlo.

Grazie davvero a tutti, anche a chi ci ha seguito da lontano. Non siamo mai stati così vicini.

E se è vero che non ci si immerge mai due volte nello stesso fiume, cerchiamo di tenere pulita l’acqua per trovarla migliore al prossimo passaggio.


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