Toni crepuscolari, consistenza poetica per “Sotto l’Equatore” il nuovo album di Emanuele Inserto
Scritto da Davide Macor il 18/01/2024
“Sotto L’Equatore” di Emanuele Inserto (La Stanza Nascosta Records, 2023)
Toni crepuscolari, consistenza poetica dei testi e una certa allure retrò in “Sotto l’Equatore”, nuovo album di Emanuele Inserto, che si conferma cantautore di razza. Pace alle mie mani che scavano nel sale. Pace alle mie dita che scrivono sui vetri. Pace alle mie notti in cui cado nel vuoto Pace, questa parola, che vola troppo in alto- recita il riuscitissimo brano di apertura, una rumba rock dalle coloriture etniche che si fa quasi anelito universale.
Un piccolo gioiellino di delicatezza è “La testa tra le nuvole”, sospeso tra fiaba e auto-ironia; dall’immediato appeal radiofonico “Canto di Eco”- non a caso scelto come singolo apripista dell’album- che sembra richiamare Battiato e vuole essere, dichiaratamente, un omaggio alla New Wave dei Diaframma (si noti anche l’affinità timbrica, particolarmente marcata in questo brano, con il primo cantante del gruppo, Miro Sassolini).
Gradevolissima e dal sapore di altri tempi “Salomè”, che si snoda con leggerezza tra riferimenti biblici e fumi alcolici. (Non sono solo io a perder la testa.Il vino scorre a fiumi alla tua festa.
Divinamente intorno al fuoco danzi. Non vedo che te, Salomé!) Un brano che, ad ascoltarlo, fa sembrare la scrittura di una bella canzone una cosa semplice, quasi istintiva (il che è per noi un gran bel complimento).
“Buona fortuna”, impreziosita dalla voce di Katia Picciariello, riconferma Inserto autore di rara intensità espressiva, capace di tracciare con maestria sfumature sonore di grande risonanza emotiva.
“L’altra faccia dell’amore” sembra contenere echi del migliore Max Gazzè; il testo è un’autentica rasoiata: Perché è così e tu lo sai e non c’è niente di più vero del dolore e chi sa vivere sul serio sa per certo che stare soli è l’altra faccia dell’amore. Ed è così. Succede a quelli
che come noi non sanno stare in piedi e amano vivere la vita controvento accanto ai muri per evitare di cadere. Ed è così che tu mi insegni che l’amore non fa stare in pace. Avrei voluto ci fosse un domani ma non ho fatto in tempo. Mi dispiace.
Romantica e sognante, volutamente d’antan, “Nel quadro astratto”. Suggestiva la title-track, “Sotto l’Equatore”, catchy e “leggera”, senza scadere nella banalità.
Nel recensire non abbiamo seguito la scaletta dell’album, perché il disco di Inserto spinge a riascoltare i brani diversi volte, in ordine sparso e poi secondo la logica del bisogno emotivo, cucendoli al proprio quotidiano, risentendo quelli che maggiormente si pongono in consonanza con l’attimo che si sta vivendo.
Nel complesso “Sotto l’equatore” è un album delicato, sommesso, poetico, in netta controtendenza rispetto al chiassoso sensazionalismo dei nostri tempi.