ROMA JAZZ FESTIVAL 2020, confermata la nuova edizione: dal 10 al 20 novembre in diretta streaming HD su LIVE NOW
Scritto da Davide Macor il 29/10/2020
La chiusura dei teatri imposta dai recenti provvedimenti governativi per contrastare la diffusione del Covid-19 non ferma uno dei più importanti appuntamenti internazionali dedicati al jazz e alle sue infinite traiettorie. Ideato e organizzato da IMF Foundation in co-produzione con la Fondazione Musica per Roma, il Roma Jazz Festival conferma la sua 44° edizione dal titolo Jazz for Change, riorganizzando in tempo record la programmazione che si svolgerà a porte chiuse nelle sale dell’Auditorium Parco della Musica e verrà interamente trasmessa in diretta streaming HD, grazie all’alleanza strategica con la piattaforma internazionale LIVE NOW.
“La Fondazione Musica per Roma – dichiara l’Amministratore Delegato della Fondazione Musica per Roma Daniele Pitteri – continua la sua attività di programmazione avviando anche linee progettuali innovative parallelamente a quelle tradizionali che proseguono normalmente come mostre, esposizioni, visite guidate. Da mesi stavamo sperimentando la possibilità di fare gli spettacoli via streaming nei nostri spazi, e il Roma Jazz Festival è il primo ciclo di concerti trasmessi on line a pagamento che entrerà a far parte della nostra nuova offerta culturale digitale e che utilizzerà il nuovo teatro di posa ad alta tecnologia allestito nella Sala Petrassi”.
“Jazz for Change, un tema, ideato in tempi non sospetti, per indicare come la musica e i musicisti possano rappresentare le istanze di un cambiamento civile, sociale ed economico. Su questo tema abbiamo costruito un programma con grandi nomi internazionali e nazionali. Poi hanno ridotto le capienze degli spazi, hanno anticipato gli orari di chiusura, ed infine hanno chiuso i teatri. Bene, ci siamo adeguati e non rinunciamo. Il festival lo faremo, a porte chiuse, in live streaming ad alta definizione. Il jazz è sempre stato e rimane una musica di resistenza ma non è solo musica, come dice Wynton Marsalis, è anche un modo di stare nel mondo e un modo di stare con gli altri. E pensando al nostro pubblico, agli appassionati, ai lavoratori dello spettacolo abbiamo deciso di andare avanti, riconoscendo il ruolo vitale che la musica può svolgere nella vita di ognuno. Questo è un momento storico per ascoltare, imparare, crescere, agire e cambiare. #JazzForChange” afferma il Direttore Artistico Mario Ciampà. Una dichiarazione che dimostra una straordinaria capacità di adattamento e di reazione a una situazione difficile, pur restando perfettamente in linea con gli intenti iniziali. Jazz for Change inaugura infatti un ciclo tematico triennale dedicato al futuro e all’innovazione: “la situazione imprevista nella quale il mondo si è trovato, ha dato un’accelerazione nell’uso delle tecnologie e della rete internet, coinvolgendo in maniera determinante anche il settore della cultura. Per questo, l’uso dello streaming, della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale saranno da noi sperimentati e sviluppati nei prossimi tre anni, con l’obbiettivo di arrivare a creare una piattaforma integrata che permetta allo spettatore di essere non più soggetto passivo ma interattivo, creando le condizioni di un allargamento del pubblico e un maggiore coinvolgimento” aggiunge il direttore.
Slitta al 10 novembre l’apertura del festival, originariamente prevista il 29 ottobre ma sono ben 8 i concerti confermati sui 14 programmati inizialmente. Dalla prima mondiale di Gong, progetto di Luca Aquino con le immagini inedite di un artista del calibro di Mimmo Paladino alla musica “politica” degli Area Open Project, che presentano il loro nuovo album. Dalle atmosfere caraibiche di Roberto Fonseca, Mino Cinelu e Yilian Canizares alle sonorità nordiche di Nils Petter Molvær. E poi ancora il jazz “ecologista” di Enzo Favata, insieme al celebre geologo Mario Tozzi per un concerto speciale tutto dedicato al Mediterraneo, il concerto ipnotico di Alexander Hawkins e Hamid Drake e la melancolia di Salvador Sobral.
Annullati purtroppo i live di Don Moye, La Batteria, Ugoless, Francesco Diodati, Daniele di Bonaventura e Marco Bardoscia, oltre al già cancellato concerto dei The Comet is Coming a causa delle precedenti restrizioni del governo britannico. Garantiti comunque i concerti in prima assoluta e le esibizioni di ospiti internazionali e artisti italiani di spicco.
In virtù della preziosa collaborazione con LIVE NOW, innovativo e versatile servizio di streaming che consente di assistere a concerti ed eventi sportivi di tutto il mondo, i live potranno essere fruiti in diretta in alta definizione da un pubblico internazionale, assicurando un’esperienza ottimale grazie anche a una regia di altissimo livello qualitativo e alla molteplicità di riprese. I concerti potranno essere acquistati singolarmente (al costo di 5,00€) o in formula abbonamento (al costo di 15,00€) direttamente su LIVE NOW https://www.live-now.com/it-it/page/romajazzfestival ma anche su Dice e TicketOne e rimarranno on demand per 24 ore dopo la diretta, prevista per ogni concerto alle 21, ora italiana. I link all’acquisto dei live streaming su Dice e TicketOne verranno attivati nei prossimi giorni mentre il pubblico che nei giorni scorsi ha acquistato i biglietti per i concerti in Auditorium Parco della Musica può chiedere il rimborso direttamente sulla piattaforma di TicketOne o al rivenditore fisico.
PROGRAMMA
Dopo Jazz is now nel 2018 e No borders del 2019, tema di questa edizione è Jazz for Change. Un cambiamento necessario in un mondo afflitto dall’emergenza climatica e dalla messa in discussione dei diritti civili, cui stanno reagendo con forza movimenti come Black Lives Matter e Climate for Change. La pandemia ci ha mostrato come sia di importanza strategica cambiare il nostro stile di vita, l’approccio con l’altro, il rapporto con l’ambiente e ripensare i tessuti urbani, immaginare nuovi modi di vivere gli spazi ma anche sfruttare al massimo le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. Il jazz, musica di trasformazione continua, può essere una fonte di ispirazione: un genere basato sulla cooperazione e sull’armonia ma che, al tempo stesso, insegna il rispetto dei ruoli e lascia libero spazio alle individualità.
Il Roma Jazz Festival si apre con una band simbolo di assoluta libertà creativa e di impegno politico, gli Area, formazione musicale aperta nata agli inizi degli anni ’70 intorno alla figura di Demetrio Stratos. Il 10 novembre, nella formula Area Open Project, presentano il loro nuovo album in uscita il 24 ottobre per Warner e registrato durante un live in Giappone: il repertorio è un viaggio nel mondo del jazz che ha da sempre contraddistinto il gruppo, muovendosi con naturalezza tra sonorità elettroniche, world ed etniche (con brani antichissimi, le cui notazioni risalgono a migliaia di anni fa) reinterpretate con lo stile sperimentale tipico del background Area, che conducono il pubblico in un viaggio nel tempo, tra atmosfere affascinanti e coinvolgenti, dove l’esotismo incontra l’inaudito.
Il giorno successivo, 11 novembre, si salpa verso il Mediterraneo con il concerto del sassofonista sardo di fama internazionale Enzo Favata e il celebre geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi. Uno scienziato della terra e un musicista che della musica della sua terra ha fatto un’inconfondibile cifra stilistica. Fra le improvvisazioni di Favata intorno alle tradizioni folkloriche e i grandi temi ecologici sollevati da Tozzi, il racconto affascinante del Mare Nostrum attraverso il particolare punto di vista della geologia e di una musica al confine tra passato e futuro.
Il 12 novembre arrivano al Roma Jazz Festival 2020 il pianista inglese Alexander Hawkins, uno dei giovani musicisti europei più versatili e richiesti, e Hamid Drake, batterista della Louisiana di lunga e consolidata esperienza. Hawkins, apprezzato per la straordinaria concentrazione che dimostra nelle sue esibizioni live, retaggio di una formazione in parte classica, è cresciuto ascoltando il primo Duke Ellington e Bill Evans ma in concerto riesce a far aleggiare lo spirito di Messiaen. Di tutt’altro tipo la formazione di Drake, immerso fin dall’adolescenza nel soul, funk e R&B targato Motown per sviluppare durante la sua carriera un interesse profondo per le molteplici traiettorie e influenze della musica africana. Quello in Auditorium sarà un concerto ipnotico, circolare e intenso, in un continuo e vicendevole inseguirsi di due linee parallele che alla fine si ricongiungono.
Dopo le due strepitose esibizioni all’Eurovision Festival – nel 2017 quando stregò pubblico e critica con la sua esibizione e nel 2018 in duetto con Caetano Veloso – Salvador Sobral arriva al Roma Jazz Festival , il 13 novembre per presentare il suo ultimo album Paris, Lisboa. Sobral ha una voce straordinaria, ha timbro e tecnica, appoggia le frasi della sinuosa lingua portoghese con la stessa sensibilità di un interprete jazz. Vederlo muoversi sul palco usando ogni gesto al solo scopo di accompagnare la canzone, con un atteggiamento del tutto anti-pop, rivela la sua assoluta spontaneità e sincerità.
Il 14 novembre sarà invece la volta dello Chopin cubano, l’Herbie Hancock de L’Havana, il pianista Roberto Fonseca, dal 2001 membro stabile del Buena Vista Social Club. Al Roma Jazz Festival presenta il suo ultimo album Yesun, per il quale The Guardian ha parlato di “maestria” di Fonseca, mentre Mojo lo ha definito “formidabile” e Downbeat ipnotico. Ad ogni modo, il disco è un’esplosiva miscela di jazz, musica classica, rap, funk ed elettronica che rompe le forme e abbatte i confini, sempre in costante ricerca delle radici profonde della tradizione afrocubana.Yesun è un gioco di parole che simboleggia l’acqua. E come l’acqua ha il potere di raggiungere lunghe distanze e acquistare qualunque forma, così la musica di Fonseca scorre tra l’antico e il moderno, accogliendo le sfide con un senso acuto della forma, del ritmo e della melodia, fra assoli a volte agili e delicati, altre percussivi e vigorosi, sempre permeati di profondità, lirismo e determinazione.
Appuntamento imperdibile il 17 novembre con la prima mondiale del concerto multimediale Gong. La musica del trombettista Luca Aquino con la partecipazione speciale del percussionista francese Manu Katchè, le opere visive inedite di Mimmo Paladino caposcuola della transavanguardia italiana e i testi di Giorgio Terruzzi, tra le penne più brillanti e note del giornalismo sportivo italiano racconteranno le grandi storie della boxe: da Primo Carnera a Muhammad Ali, passando per Sugar Ray Robinson, Nicolino Loche, Carlos Monzon, fino a Mike Tyson. Le imprese, le vittorie ma anche le grandi sconfitte di questi atleti entrati nel mito della noble art per mettere in luce anche l’uomo che si nasconde dietro il grande campione, con le sue fragilità, i suoi sogni e i fallimenti. Sei storie di pugili per sei fantastiche parabole di vita: storie di resistenza, impegno e capacità di trasformazione, dove vincere o perdere non ha molta importanza, quando la grande impresa è riuscire a salire su quel ring.
Il Nord e il Sud del Mondo si incontrano invece il 19 novembre nel concerto di Mino Cinèlu e Nils Petter Molvær, che presentano il disco appena uscito (settembre 2020) SulaMadiana. Il titolo dell’album prende il nome da Sula, l’isola al largo della costa occidentale della Norvegia, da cui proviene Molvær, e Madiana, sinonimo di Martinica, da cui proviene il padre di Cinelu. L’album rende omaggio a Manu Dibango, Tony Allen e Jimmy Cobb. Cinelu ha guadagnato fama internazionale negli album di Miles Davis come We Want Miles o Amandla. Ha lavorato con i Weather Report, Herbie Hancock, Pat Metheny, Sting, Santana, Lou Reed e Laurie Anderson. Nils Petter Molvær è una delle figure più importanti del jazz europeo. Il suo viaggio nelle aree inesplorate della musica abbraccia quasi una dozzina di dischi, sui quali ha esplorato varie combinazioni tra sonorità acustiche ed elettroniche. Entrambi sono maestri nella visualizzazione del suono e nel trasformare il visibile in udibile. La loro casa musicale è l’intero pianeta, ma mentre il suono rauco e nuvoloso della tromba di Molvàer evoca il freddo boreale, Cinelu è il fuoco ritmico dell’America Latina e dell’Africa. In SulaMadiana, hanno finalmente trovato il loro spazio comune.
Gran chiusura il 20 novembre nel segno di due elementi centrali per tutti i grandi movimenti che oggi lottano per il cambiamento, la lotta femminista e la ferma volontà di reagire agli imprevisti della Storia. Sul palco salirà una delle cantanti, violiniste e compositrici più apprezzate della scena internazionale, la cubana Yilian Canizares con il Trio Resilient. Da sempre attenta alle tematiche dei diritti civili e femminili, la Canizares presenta al pubblico del Roma Jazz Festival 2020 il suo ultimo album Erzulie dedicato alla divinità femminile haitiana dell’Amore e della Libertà. Un tributo a tutte le donne che vivono in questo momento storico decisamente complicato e che l’artista presenta in questo modo: “Essere donna oggi in questa società è una grande sfida. Ritengo che sia mio dovere come donna, come Artista e come essere umano essere impegnata nella difesa dei diritti femminili e civili in tutto il mondo: uguale retribuzione, stesse agevolazioni per accedere alla scolarizzazione, lotta contro le violenze di ogni genere, maggior presenza delle donne nelle posizioni di potere ma soprattutto rispetto per la nostra indipendenza e integrità morale”.