Insegnare durante (e dopo) il lockdown: storie di docenti, tra musical a distanza e lezioni in agriturismo
Scritto da Davide Macor il 15/12/2020
A poche settimane dall’inizio della primavera 2020, più di 800.000 docenti delle scuole italiane si sono ritrovati ad affrontare uno scenario del tutto inaspettato. L’improvvisa escalation della pandemia da Covid-19, infatti, li ha proiettati davanti alla nuova sfida della didattica a distanza: l’unico modo possibile di fare scuola (da casa) in un Paese in lockdown.
Dopo questi mesi di esperienza nel contesto della pandemia, “siamo rimasti molto colpiti dall’ingegnosità e dalla passione che gli insegnanti e le famiglie italiane hanno dimostrato in questi mesi e siamo lieti che studenti di qualsiasi età siano riusciti a mantenere il loro livello di inglese e progredire nel loro apprendimento nonostante le difficili circostanze”, afferma Nick Beer, Country Head in Italia di Cambridge Assessment English.
“Il settore dell’istruzione dovrà senza dubbio affrontare nuove sfide nei prossimi mesi, ma è bello vedere che l’apprendimento non si è mai fermato”. Ne sono prova le decine di migliaia di docenti che hanno partecipato quest’anno a vari seminari e corsi di formazione online, organizzati da Cambridge Assessment English e Cambridge University Press, al fine di migliorare la propria capacità di insegnamento e apprendere nuove tecniche didattiche per affrontare al meglio l’evoluzione della formazione a distanza.
Dal punto di vista degli studenti, inoltre, questa situazione li ha portati a confrontarsi con una novità emotivamente problematica: vivere la scuola in isolamento. Tra l’altro, l’ISTAT ha certificato che degli 8 milioni di studenti coinvolti nella didattica a distanza, circa 1.5 milioni di ragazzi tra i 6 e i 17 anni si sono trovati esclusi dall’accesso a device o connessioni, andando ad aggiungere alle problematiche emotive anche quelle tecniche a causa della carenza di strumenti adatti.
Cosa fare, dunque, e come continuare a sostenere il percorso dei ragazzi in questo clima di incertezza e instabilità? Cosa hanno fatto i loro docenti per fronteggiare queste difficoltà e per coinvolgerli e supportarli in un percorso inedito e difficile?
Cambridge English lo ha chiesto direttamente agli insegnanti di lingua inglese impegnati in tutta Italia, agli esaminatori e ai coordinatori di exam centers, e ha raccolto le loro testimonianze, tra creatività, ascolto, sacrificio e la continua necessità di reinventarsi.
Pensare prima di tutto ai ragazzi e coinvolgerli nelle attività
«Le prime domande che mi sono posta sono state: quali difficoltà incontreranno i ragazzi? Cosa potrebbe coinvolgerli emotivamente?», racconta Fabiola Galli, docente e coordinatrice delle attività di bilinguismo del Collegio Ballerini di Seveso (Monza-Brianza), un istituto che riunisce tutti i gradi di istruzione, dalle elementari al liceo, e che conta in totale di 700 studenti. «Avevo 140 studenti con i quali lavorare, ho cercato di curare molto l’organizzazione delle lezioni e di comunicare con chiarezza condividendo con loro in anticipo gli impegni che ci avrebbero atteso, o il criterio di valutazione che avrei utilizzato. Ma soprattutto volevo che rimanesse qualcosa di questa esperienza: così abbiamo organizzato, classe per classe, uno special project. Con la quarta, per esempio, abbiamo creato un giornale digitale, lo abbiamo chiamato Corona Times: hanno lavorato a coppie alla scrittura di articoli, alcuni hanno raccontato la propria esperienza nella rubrica Alone together, altri hanno scritto di economia, delle notizie dal Vaticano, di arte, sport. Abbiamo lavorato come una vera redazione e nonostante la fatica siamo riusciti a realizzare un giornale in formato sia cartaceo sia digitale». Per le classi prima e seconda, invece, la professoressa ha organizzato dei veri e propri virtual tour: partendo da gite online per visitare città straniere e musei (che hanno messo a disposizione delle scuole gli accessi gratuiti) per passare poi la palla agli studenti, che si sono messi al lavoro come veri e propri operatori culturali digitali.
Rivoluzionare gli spazi: gli esami in agriturismo
«Eravamo pronti, all’inizio di marzo, a partire con gli esami (a maggio arriviamo a farne anche uno al giorno), sia per i bambini della primaria che per i ragazzi delle superiori. Per il 7 marzo avevamo quasi 200 iscritti. Erano esami che valevano per crediti scolastici, per l’accesso alle università; avevamo anche molti privatisti. Alcuni avevano fatto già gli esami orali e di punto in bianco ci siamo risvegliati in questa situazione di lockdown: la nostra reazione è stata di panico, perché dovevamo comunicare a tutti che l’esame non si sarebbe svolto», racconta Elizabeth Watson del Centro esami dell’Accademia Britannica di Perugia. «Quando a inizio maggio abbiamo potuto riaprire non ci saremmo potuti appoggiare alle scuole statali, né al nostro centro esami perché con le nuove norme aveva una capienza troppo bassa. Allora ho cercato un modo per portare gli esami all’aperto, che permettesse ai candidati di svolgere il test in tranquillità e silenzio, senza caldo o freddo, per rimanere concentrati; ovviamente, garantendo la sicurezza. La soluzione è stata rivolgersi ad un agriturismo non lontano da Perugia, che di solito ospita centri estivi per bambini, dove è presente una tensostruttura aperta ai lati: abbiamo così affittato la tensostruttura e permesso ai candidati di svolgere in agriturismo il loro esame,all’aperto ma senza subire il caldo estivo».
L’aiuto della tecnologia per gli studenti
Dover rivoluzionare gli spazi della scuola, è stata anche un’esigenza di Sheila Ricci, insegnante della primaria all’istituto Gesù Maria di Roma. «Per la mia materia, l’inglese, la socialità è fondamentale. Perciò la mia prima preoccupazione è stata quella di riproporre a distanza ciò che i ragazzi facevano in classe: avvicinavamo i banchi e io insegnante non ero mai al centro, ma lasciavo che i ragazzi parlassero tra loro in inglese. Ho dovuto ripensare tutto da zero», spiega. «All’inizio del lockdown abbiamo usato principalmente Zoom, che ci ha dato modo di creare delle stanze virtuali – sempre sotto il controllo del docente – all’interno delle quali i ragazzi potevano interagire tra di loro. È stato positivo scoprire questa possibilità nonostante la distanza». Ma la rivoluzione degli spazi non è stata solo virtuale. «Quando la scuola ha riaperto, abbiamo cambiato tutto: abbiamo potuto fare lezione all’aperto, abbiamo montato dei gazebo e usato tutti gli spazi esterni a disposizione – come i campi da gioco e il viale – e abbiamo capito che anche fuori dalle classi è possibile fare scuola: il nostro progetto di lettura in inglese per bambini non si fa più in biblioteca, ma all’aperto».
L’aiuto della tecnologia per formare i docenti
Sul ruolo strategico della piattaforma Zoom anche la testimonianza di Nicole Bubalo, che assieme a Michelle Quigley dirige la scuola di lingue e centro esami Cambridge Globally Speaking a Roma. Nel suo caso, però, l’esigenza principale a cui l’improvvisa distanza la chiamava a rispondere era un’altra: formare i formatori. «Per tre settimane, tutte le mattine abbiamo riunito i nostri docenti su Zoom per prepararli a livello digitale. La loro risposta è stata molto positiva. La professione dei docenti è di solito vissuta in isolamento, considerando che in un mese generalmente abbiamo solo una riunione e un incontro formativo. Con la didattica e la formazione online ci siamo sentiti tutti i giorni e quindi siamo stati in contatto molto più di prima. Facevamo a turno tra docenti, scambiandoci i ruoli, e fungendo da studenti. È stato bello condividere questa “sfida”, affrontarla insieme».
A scuola con Bruce Springsteen e John Steinbeck
I mezzi digitali sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale, ma quel che è importante è anche riempirli di idee, e ricordarsi che gli studenti, grandi e piccoli, vivono la distanza come una anomalia problematica. Allora bisogna confrontarsi anche con la loro noia, timidezza, problematicità a organizzarsi in casa. Per Francesco Policastro, professore di inglese presso il Liceo “Bonaventura Rescigno” di Roccapiemonte (Salerno), la soluzione è stata proprio studiare modi per coinvolgerli, divertirli. «La soglia di attenzione del ragazzo davanti al video cala molto velocemente: ancor di più rispetto alla lezione frontale. Ho dovuto condire la lezione in maniera attraente e ho fatto ricorso ad esempio ai fumetti e ai videoclip. Abbiamo scoperto fumetti con personaggi umoristici (come ad esempio Fred) che ci hanno aiutato a rompere il ghiaccio e a rendere più divertente la lezione, fornendo anche spunti di riflessione per interpretare le battute di humour tipicamente anglosassone. Per accompagnare invece il programma di letteratura, che al liceo è piuttosto corposo, spesso ho utilizzato canzoni che riprendono opere letterarie. Per esempio, ho introdotto ai ragazzi Furore libro fondamentale di John Steinbeck, facendo ascoltare loro la canzone di Bruce Springsteen (The Ghost of Tom Joad), ispirata al romanzo e mostrando loro alcune clip del film che ne è stato tratto nel 1940 (di John Ford con Henry Fonda nei panni di Tom, ndr). Così facendo, la lezione non è affatto monotona, il tempo vola e i ragazzi non si annoiano».
Da Shakespeare a Toy Story, il lockdown non ferma i musical scolastici
Il teatro, e in particolare il genere musical, è parte integrante delle attività di lingua di molte scuole. «Nel triennio abbiamo creato delle competizioni tra i ragazzi, come il concorso #distantimauniti, per spingere tutti a partecipare. Ne è nato un video su Shakespeare al tempo del lockdown, che ha vinto anche un premio. Abbiamo coinvolto tutti, compresi molti studenti dsa e portatori di handicap, che nel nostro istituto con indirizzo Scienze Umane sono in tanti e tutti integrati», racconta Giuliana Caiazzo, professoressa del Liceo “Vittorio Gassman” di Roma.
Le fa eco la maestra Gilda Sammarco, dell’Istituto Comprensivo Ovidio della capitale: «Ogni anno facciamo una rivisitazione in inglese di un’opera proposta dai bambini: lo scorso anno abbiamo portato in scena “Toy Story”, rivisitando la storia e facendola nostra, quest’anno, invece, il nostro musical di fine anno si è svolto online. Non solo, abbiamo anche assistito a una rappresentazione di Fumbles di Mrs Spelling, interpretata dall’attrice Teresa Pascarelli, con la quale eravamo già in contatto perché sarebbe dovuta venire a scuola per fare delle riprese. È stato molto faticoso organizzare tutto online, perché abbiamo dovuto trascorrere tutti i giorni due ore connessi poi preparare i materiali e chiedere ai bambini un feedback. In classe, in presenza, ci si stanca meno ed è anche molto più divertente, ma non ci siamo lasciati abbattere».