Giorno Ricordo: Egea Haffner, il dramma della bambina con la valigia | EFFE RADIO

Giorno Ricordo: Egea Haffner, il dramma della bambina con la valigia

Scritto da il 17/02/2021

“Quella foto è ormai molto conosciuta: stavo per lasciare la mia città, era l’estate del 1946 e, insieme alla mamma con poche cose al seguito, avrei raggiunto la Sardegna, dove avremmo trovato ospitalità. Uno scatto suggestivo, anche se frutto di una messinscena organizzata dallo zio Alfonso, dal grande valore simbolico in quanto testimonia la grande tragedia”. Queste parole riassumono in maniera eloquente il toccante e lucido intervento di Egea Haffner davanti al Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, ospite in videoconferenza delle commemorazioni legate al Giorno del Ricordo in apertura della due giorni di lavori d’Aula a Trieste. Egea Haffner ha portato la sua drammatica testimonianza al termine dell’introduzione del presidente del Consiglio, Piero Mauro Zanin, e dopo la proiezione di uno struggente filmato d’epoca che si è concluso proprio con la sua immagine legata a quel 6 luglio 1946, quando una bimbetta con i boccoli, un vestino di seta e i sandaletti bianchi volgeva lo sguardo orgoglioso lontano dall’obiettivo del fotografo Giacomo Szentiványi. Tra le sue mani solo un ombrellino e una piccola valigia in pelle con una scritta eloquente: Esule giuliana 30.001. Egea stava lasciando Pola, dove era nata il 3 ottobre 1941, pronta per imbarcarsi alla volta di Cagliari. L’istantanea è diventata quasi un simbolo del dramma degli esuli di ogni età, costretti ad abbandonare le proprie terre per andare incontro a un futuro pieno di incognite in luoghi sconosciuti. Non a caso, una volta estratta dall’archivio di famiglia, la foto sarebbe stata scelta per le locandine di alcune esposizioni tematiche e per la copertina di varie pubblicazioni, apparendo anche su un manifesto ufficiale dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd). Un’immagine, quella della bambina con la valigia, che a tutt’oggi continua a provocare emozioni. Egea non aveva ancora festeggiato i cinque anni quando dovette lasciare l’Istria. “Mio nonno era morto di crepacuore, papà Kurt era stato prelevato a casa nel 1945 e di lui non si era saputo più nulla. Tra lutti e tragedie, mamma Ersilia – ha ricordato Egea Haffner, ripercorrendo la storia della sua famiglia – era stata costretta a raggiungere la sorella Angiolina in Sardegna”. Una vicenda terribile, fatta di affetti troncati e di persone disperse a centinaia di chilometri di distanza. Due anni più tardi Egea avrebbe però raggiunto la nonna e gli zii materni a Bolzano, senza essere costretta a sperimentare le dure condizioni di un campo profughi. Oggi, mamma di due figlie e nonna di sei nipotini, vive a Rovereto, in Trentino. “Nel marzo del 1947 – ha concluso – la mamma mi affidò a loro e iniziai le scuole. Poi il lavoro e, infine, una famiglia. Tuttavia, non ho dimenticato nulla e, quando mi è possibile, porto sempre la mia testimonianza nelle scuole, affinché sia di aiuto alle nuove generazioni per comprendere e tenere viva la memoria”.


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