Giornata mondiale del caffè: giro del mondo in una tazzina con Volagratis.com | EFFE RADIO

Giornata mondiale del caffè: giro del mondo in una tazzina con Volagratis.com

Scritto da il 26/09/2022

Sorseggiando una tazza di caffè è possibile, tra aromi e sentori, viaggiare in luoghi lontani ed esotici. Per questo, in occasione dell’International Coffee Day che si celebra il 1 ottobre, Volagratis.com festeggia una tra le bevande più bevute al mondo stilando un itinerario alla scoperta delle mete considerate di particolare interesse per la storia e la cultura del caffè.

Da Venezia e Napoli fino all’Etiopia, passando per la Svezia e il Vietnam, ecco quindi 10 luoghi selezionati da Volagratis.com che hanno visto girare attorno ai pregiati chicchi storia, arte e leggende.

Venezia – La città lagunare fu la prima, in Italia, ad assaggiare il caffè, o almeno così pare. Secondo una teoria, infatti, fu il bailo Francesco Morosini, di stanza a Costantinopoli, a portare per primo il caffè in Laguna nel 1585. Nel 1683, in Piazza San Marco, nacque poi la più antica Bottega del Caffè d’Europa e nell’arco di 70 anni in città ne sorsero altre 206, tanto che il Senato dovette intervenire per limitarne la proliferazione. Tra queste c’è anche il leggendario Caffè Florian, aperto nel 1720, che accolse artisti e intellettuali come Charles Dickens, Ernest Hemingway, Silvio Pellico e Rousseau e che fu destinato a servire l’ultima tazzina al celebre Casanova, prima che abbandonasse Venezia.

Trieste – Cuore culturale della Mitteleuropa, Trieste vanta un ricchissimo patrimonio legato al caffè, talmente vasto che necessita anche di un dizionario ad hoc. Se si visita la città, infatti, è bene sapere che per ordinare un espresso bisogna chiedere “un nero”, mentre se si aggiunge all’ordinazione la dicitura “in bì” vuol dire che lo si gradisce in vetro. Chi invece non può rinunciare al cappuccino deve ricordarsi di ordinare un caffelatte.

Napoli – Nel capoluogo campano il caffè si diffuse ufficialmente dopo la metà del ‘700. La bevanda era in realtà conosciuta da tempo ma, dato il suo colore nero, si riteneva fosse la bevanda del diavolo. Nel 1771, però, durante un banchetto nella Reggia di Caserta, venne servito per la prima volta insieme al kipferl (il cornetto). La fortunata accoppiata si diffuse così in tutto il Regno e le vie del centro di Napoli iniziarono a popolarsi di locali: tra i più celebri spiccano il Gran Caffè Gambrinus, il Gran Caffè La Caffettiera (prima Ambasciata del caffè napoletano) e il Gran Caffè Cimmino dove, per i più curiosi, si trova la “Bibbia del Caffè”.

Svezia – In Svezia, la pausa caffè si chiama Fika. È ormai un fenomeno sociale, che ricorda la pausa caffè all’italiana ma che assume una ritualità ben diversa. Diventata ormai obbligatoria in tutti i luoghi di lavoro, la Fika è un modo per socializzare ed essere più produttivi. Così, gli svedesi sono soliti prendersi il proprio tempo sorseggiando una tazza di caffè filtrato, scuro e di solito senza zucchero, accompagnandolo a torte e pasticcini, chiamati Fikabröd.

Turchia – Noto anche come Turk Kahvesi e oggi “patrimonio immateriale dell’umanità”, il caffè turco è una vera e propria istituzione che in passato, presso il Sultano, prevedeva anche l’intervento dei «gran caffettieri» (kahveci başı), considerati più importanti del primo ministro. Alla bevanda è inoltre legata un’antica tradizione: durante la richiesta di matrimonio, usanza vuole che il pretendente e la sua famiglia si rechino a casa della futura sposa per chiederne la mano al padre. Durante l’incontro, è proprio la giovane a dover preparare il caffè, che viene poi servito zuccherato. Unica eccezione la tazzina dello sposo, che conterrà invece del sale: l’uomo deve berlo senza lamentarsi, a testimonianza della pazienza che dovrà avere nella futura vita coniugale.

Austria – Fu Franz Koltschitzky, cosmopolita e viaggiatore, a riconoscere presso la corte asburgica il potenziale dei chicchi di oro nero. Fiutato l’affare, si fece regalare i sacchi di caffè dall’Imperatore e aprì poco dopo “Zur blauen Flasche”, prima bottega in Occidente in cui veniva servito il cosiddetto “vino d’Arabia”. In un primo momento, in realtà, i viennesi non apprezzarono la bevanda, ma dopo l’aggiunta di latte e miele, che diede vita al celebre Wiener Melange, si diffuse con successo.

Vietnam – In Vietnam la preparazione del caffè richiede ritmi lenti e la bevanda è, grazie al burro di cacao e allo zucchero usati durante la tostatura dei chicchi, ricca di aromi e note di mandorla. Il tipico caffè vietnamita, detto anche ca phe nau, viene servito con il latte condensato e ghiaccio, ma è possibile imbattersi anche in alcune varianti con l’uovo o con lo yogurt. Il Paese ospita inoltre il World Coffee Museum, un nuovo e curiosissimo museo che è nato per diffondere l’antica tradizione del caffè vietnamita.

Colombia – Di caffè colombiano ne esistono ben 14 varietà, ossia una per ogni dipartimento. La prima e più antica testimonianza scritta sulla presenza della pianta in Colombia è del sacerdote gesuita José Gumilla, che nel 1723 la registrò nel suo libro “El Orinoco ilustrado”. Dal 1927, inoltre, il Paese vanta l’esistenza di un gruppo di coltivatori di caffè visionari: la Federación Nacional de Cafeteros (Fnc), dove oggi a ricoprire ruoli di prestigio sono soprattutto le donne, colonne portanti delle famiglie coinvolte nella produzione.

Brasile – In Brasile la tradizione del caffè è arrivata grazie a un mazzo di fiori. Si racconta, infatti, che nel Settecento un diplomatico portoghese portò in dono alla moglie di un governatore un bouquet che conteneva al suo interno alcuni chicchi di caffè nella speranza di sedurla. Il seguito della storia non è noto, ma da quel momento la passione per il caffè si diffuse in tutto il paese. Nelle caffetterie del Brasile, però, non si beve un espresso bensì il Caffè Brasiliano, dove gli ingredienti principali sono il caffè, il latte, il cacao e il Baileys. Tanto grande è l’amore per questa bevanda dal sapore intenso che, nel 2001, è stato anche creato un francobollo postale all’aroma di caffè.

Etiopia – Leggenda vuole che in Etiopia la scoperta del caffè sia da attribuire al pastore Kaldi che, dopo aver osservato il comportamento insolitamente esuberante delle sue capre che avevano ingerito delle bacche rosse, decise di assaggiarle lui stesso e di provarne l’effetto energizzante. Leggende a parte, il caffè in Etiopia è ancora oggi legato a tradizioni e cerimonie uniche nel loro genere, come quella che prevede che, mentre i chicchi di caffè vengono lavati e tostati, si bruci un po’ di incenso in una ciotola di coccio. Una volta bollito l’infuso, questo verrà lasciato raffreddare per essere poi arricchito con varie spezie e servito agli ospiti, fino a tre volte, nelle tradizionali “Fingiàn”, le tazzine senza manico dai colori accesi. Alzarsi prima del termine della cerimonia è considerata una grande scortesia.


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