Elogio della rete
Scritto da Davide Macor il 16/04/2020
Agli “arresti domiciliari” causa virus, l’Ecomuseo delle Acque non si è fermato ma ha messo a frutto una modalità operativa coltivata al meglio in questi anni, il lavorare in rete, che ha consentito di costruire rapporti, definire collaborazioni, condividere progetti con ecomusei, associazioni, aziende, singole persone, accomunati dallo stesso spirito e gli stessi valori. Gli scambi e le interazioni intrapresi con altre realtà, vicine o lontane non importa, in queste settimane si sono addirittura rafforzati, a dimostrazione che le reti costruite erano ben solide. Gli scambi più recenti hanno riguardato soprattutto il cibo, forse perché il tempo era quello della Pasqua.
Due gli esempi, solo in apparenza poco significativi. Il bel rapporto avviato dall’Ecomuseo con la Condotta Slow Food di Matera ha suggerito al referente locale Francesco Linzalone, uno dei vincitori dell’edizione 2019 del Concorso “Raccontate il vostro formaggio del cuore” e grande estimatore del pan di sorc, di promuovere a sua volta un concorso nazionale sul pane, fotografico e letterario. E poi l’attività del GAS Mulino Cocconi che non si è interrotta nella settimana pasquale, veicolando la distribuzione dei prodotti del “Paniere dell’Ecomuseo”, tra cui il vino di un’azienda che ha puntato tutto sulla coltivazione degli antichi vitigni autoctoni, pure gemonesi. Orbene, la collaborazione si è intensificata andando oltre il vino, ora riguarda anche lo scambio di note e informazioni sulle tradizioni legate alle feste e al cibo: le pagine di una ricerca di Andreina Ciceri, studiosa di etnografia e letteratura friulana, inviateci da Alberta Bulfon hanno aggiornato le nostre conoscenze storiche sul pan di sorc. Non c’è che dire, per gli ecomusei le reti sono veri e propri antidoti al virus.
«Occuparsi di patrimonio agroalimentare nell’ambito di un ecomuseo è affare strategico: consente di toccare una serie di contenuti, tutti strettamente intrecciati e complementari, che riguardano la sfera culturale (quella alta dei trattati e quella quotidiana delle abitudini alimentari) e la sfera socioeconomica (attraverso la costruzione di progetti sperimentali); significa interessarsi di qualità della vita e di paesaggio; è un mezzo prezioso per ricostruire le dinamiche che hanno portato alla definizione dei caratteri di un territorio». (introduzione al Progetto “Pan di Sorc”)
«Il Pane, attorno alla mensa, di solito unisce. Alle volte però, divide. C’è chi vuole il primo pezzo, la parte più croccante, chi invece preferisce spingersi verso il suo cuore morbido. C’è chi ama affondare denti e naso nella soffice mollica, chi non rinuncia a stringere e sgranocchiare la croccante scorza. Da qui il titolo del Concorso, per tenere insieme due contrasti. Perché mettere insieme le diversità dà vita sempre a qualcosa di unico, che unisce e non divide. L’idea è di condividere la stessa passione per le cose buone che ancora possono essere genuine. E il Pane, anche con le enormi differenze territoriali delle sue espressioni, non può che unire: nel racconto, nella poesia, nelle immagini, nella vita… intingete la penna nella farina e fate lievitare la vostra immaginazione!». (presentazione del Concorso “Scorza e Mollica”)
« [A Buia al sabato di Pasqua] al suono del Gloria, tutti correvano a lavarsi la faccia per cancellare i peccati. Qualcuno ritiene che, lavandosi col “pianto” delle viti, spariscano le lentiggini. Le mamme si affrettavano a portare i bimbi, che ancora non camminavano, lungo “les cjaradories”, i solchi profondi lasciati sulla strada dalle ruote dei carriaggi, e li avviavano a camminare. Le massaie intrecciavano un lungo ramo di salice e ne facevano un cerchio che posavano a terra, in mezzo al cortile; dentro gettavano il mangime: le galline, che vi entravano a beccare, sarebbero diventate chiocce in breve. Ogni famiglia preparava il pan di sorc dolcificato, che costituiva il dolce pasquale, prima della consuetudine più recente e più ricca delle focacce. Le uova si dipingevano, facendole bollire insieme ad ortiche, lane colorate, semi di fiori, cipolla… Si facevano correre sull’erba, alla merenda del giorno di Pasqua. Da circa un quarantennio, il luogo preferito dai buiesi, per questa merenda all’aperto, è il valloncello sul colle dei Praviz». (Andreina Nicoloso Ciceri, “Sot la Nape”, XX, 1, 1968)
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